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Genitorialità, oralità della vita

 

 

Abstract: L’articolo scava i significati più intimi dell’essere genitori, arte che si modella con i figli
e non sui figli

Nell’antica Roma il Genio (Genius, con la stessa radice di “gens” e del verbo “gignere”, generare)
era una divinità relativa al culto domestico, cioè la divinità tutelare della forza generativa di ogni
uomo e quindi anche di ogni famiglia (mentre ogni donna pare aver avuto la propria Giunone, Iuno)
cui si dedicavano dei riti. Genio, perciò, è da intendersi in senso lato come l’identità e intimità della
famiglia, nel bene e nel male. Come potrebbe (o dovrebbe) essere intesa la genitorialità (che deriva
da “genio”) tenendo conto della forza creativa delle parole. 
“Genitorialità” contiene la parola “arte”, perché è un’arte. Può essere assimilata all’arte pasticcera,
perché bisogna rispettare la miscela degli ingredienti, le dosi, i tempi di lievitazione, di infornatura,
avere passione, pazienza, dedizione, saper inventare, guarnire, decorare, e ogni regione geografica
ha le sue varianti e peculiarità come ogni famiglia. 
Dalla parola “genitorialità” si possono ricavare altre parole e creare dei giochi di parole, per cui
genitorialità è dare: “origine” alla vita; “alito” di vita; “altare” all’amore; “torte” da preparare; forza
come “tori”; “giornate” da condividere; “ali” per librarsi; “orti” da coltivare; “ori” da conservare e
“altro” di più; “arti” da esercitare; “originale”, perché ogni genitore lo è a suo modo come l’unicità
di ogni figlio. 
Le R della genitorialità: relazione, responsabilità; responsività; rituali educativi da costruire; ricatti
affettivi da evitare; riconoscimento; ristrutturazione della rete familiare e parentale, ricordi (tra
l’altro i genitori devono tenere a mente che i bambini acquisiscono competenze linguistiche sin
dalla nascita o dal grembo materno); rispetto; ruoli; rischio. 
Genitorialità: è accudire, custodire la vita dei figli. Entrambi i verbi contengono “dire” perché la
genitorialità è un dire di sé, mediante l’esempio, l’essenza, l’esserci. 
Ogni persona è un essere omeostatico e la genitorialità è una delle esperienze di vita che richiede
ancor di più questa ricerca di equilibrio. Anche ogni processo cellulare è un equilibrio tanto che,
quando qualcosa non va, si manifestano alterazioni o patologie. In questa ricerca di equilibrio della
genitorialità il legislatore fornisce varie indicazioni, tra cui quelle dell’art. 147 cod. civ.. In
particolare, sono significative le locuzione “assistere moralmente” e “nel rispetto delle loro […]
inclinazioni naturali”, ovvero i genitori non devono far mancare la loro presenza, il loro sguardo
educativo lungimirante, non assecondare ma rispettare le inclinazioni naturali dei figli (che,
altrimenti, potrebbero pure non voler far nulla) senza forzarli a fare quello che loro avrebbero
voluto fare o vorrebbero farne (per esempio far studiare pianoforte anziché batteria) e non essere
amici dei figli. 
Anche l’art. 315 bis del codice civile offre una guida ai genitori. Nei primi commi si parla dei diritti
del figlio e nell’ultimo si parla dei doveri del figlio non perché il senso del dovere sia ultimo, ma
perché il figlio deve prima vivere e crescere nel rispetto per poi contraccambiarlo. Come si legge
pure nell’art. 29 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, articolo relativo
all’educazione, dove alla lettera a prima si parla dello sviluppo della personalità del fanciullo e, poi,
alla lettera c si parla di rispetto dei genitori. La relazione e il rispetto sono circolari e reciproci come
si ricava altresì dall’etimologia delle due parole. La genitorialità non è né possesso né potere sul
figlio ma ponte verso il figlio e ponte di vita, forse un ponte tibetano perché frammezzato da
difficoltà e, al tempo stesso, da forti emozioni.
Il pedagogista Daniele Novara scrive: “I bambini manifestano tante paure, più o meno razionali,
semplicemente perché sono piccoli e avvertono un senso di impotenza legata alla loro condizione. Il
genitore ansioso e iperemotivo alimenta questi timori oltre misura con le classiche esortazioni: «Dai
su, perché fai così?», «Forza, sei grande, smettila di fare il bambino spaventato» o frasi analoghe
che finiscono per segnalare l’apprensione del papà o della mamma”. Essere genitori non è solo dare
la vita ma fornire anche l’alfabeto della vita, gli strumenti per codificare e decodificare situazioni ed
emozioni. Per fare ciò è necessario che la genitorialità sia espressione di adultità, maturità, idoneità
ad approntare e/o affrontare le varie circostanze della vita e le conseguenti reazioni ed emozioni
(come nei tempi del coronavirus). “La salute è creata e vissuta dalle persone all’interno degli
ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama. La salute è
creata prendendosi cura di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il
controllo sulle diverse circostanze della vita, garantendo che la società in cui uno vive sia in grado
di creare le condizioni che permettono a tutti i suoi membri di raggiungere la salute” (dal paragrafo
“Entrare nel futuro” della Carta di Ottawa per la promozione della salute, 1986).
Per gli insegnanti c’è un minimo di criterio di selezione mentre per i genitori no. Per la genitorialità
non ci sono regole da dettare perché la genitorialità è quotidianità, singolarità, originalità. Si
possono fornire, però, “con-sigli” per il percorso, quali accorgimenti e accortezza, conforto e
confronto, rispetto e reciprocità (tra i genitori e tra genitori e figli), che sono tra gli elementi che più
spesso mancano. In passato si chiedevano e si ascoltavano i consigli delle proprie mamme, delle
vicine, degli insegnanti. Oggi, invece, sembra che ci si armi dello slogan: “Il figlio è mio, tutto mio
e me lo gestisco a modo mio!”. La genitorialità è una capacità che cresce (o dovrebbe crescere) con
l’età dei figli facendosi “com-petenza” e “com-potenza” (anche per prevenire “crisi di impotenza” o
“deliri di onnipotenza”, propri o dei figli). Queste indicazioni si possono ricavare pure dalle fonti
normative tra cui la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e in particolare dall’art. 18
che si riferisce direttamente ai genitori.

Nel 2019 è stata pubblicata la “Child-Focused Parenting Time Guide” ( “ Guida ad un Piano dei
tempi genitoriali centrato sul minore”), a cura del Minnesota State Court Administrator’s Advisory
Committee on Child-Focused Parenting Time (amministratore del tribunale statale del Minnesota
Comitato consultivo sul tempo dei genitori incentrato sui minori). Questa preziosa e analitica guida
(che ha aggiornato e approfondito un precedente documento, frutto di uno studio concluso nel 1997)
contiene informazioni mirate a favorire l’esercizio della genitorialità di entrambi i genitori a seguito
della separazione, nel tentativo di limitare al massimo gli effetti negativi sui figli delle eventuali
conflittualità tra i partner. Di particolare interesse l’individuazione di linee operative analiticamente
suddivise secondo le età dei figli, a conferma della centralità del “best interest of the child”, e nella
realistica consapevolezza che i bisogni dei bambini e le modalità di interazione con i due genitori
non possono non cambiare - a volte anche radicalmente - nel corso del tempo, dalla prima infanzia
fino all’adolescenza. Perché i bambini hanno diritto al tempo, al loro tempo, alla loro età e anche
alla distinzione tra infanzia e adolescenza, a maggior ragione nelle situazioni di separazione e
divorzio che sono scelte dai loro genitori (tutto ciò è espresso nella Carta dei diritti dei figli nella
separazione dei genitori, 2018).

Alla luce dell’aumento di genitori incompetenti, di matrimoni falliti, di rapporti conflittuali e di
bambini contesi, ragazzi devianti, sarebbe necessario istituire o costituire “scuole” sulla
genitorialità. Vari sono gli indici normativi che supportano questa necessità, a partire dall’art. 31
della Costituzione da cui si ricava la tutela della formazione della famiglia e della protezione della
maternità e dell’infanzia. E già prima dell’art. 31, l’art. 2 sulla solidarietà e l’art. 3 sulla rimozione
degli ostacoli. Ai principi costituzionali si aggiungono alcuni atti internazionali, tra cui le
summenzionate Carta di Ottawa per la promozione della salute e Convenzione Internazionale sui
Diritti dell’Infanzia. 

Negli USA, soprattutto dopo l’emergenza sanitaria del coronavirus, sono stati attivati percorsi
formativi online sulla genitorialità, dai temi più generali fino alle situazioni più specifiche e
complesse. I corsi sono a pagamento, e molti di loro sono accreditati presso numerosi tribunali dei
vari Stati, dal momento che molti giudici prescrivono ai genitori percorsi formativi obbligatori. Per
quanto apprezzabile c’è da chiedersi se la genitorialità possa essere una competenza da acquisire o
maturare online e se si possa sostituire/costituire ogni relazione con la modalità digitale. Occorre,
piuttosto, risalire all’etimo di “digitale” che deriva dal latino “digitalis”, a sua volta da “digĭtus”,
“dito”: la genitorialità dovrebbe riacquisire la capacità di usare le “dita” con i figli, riappropriandosi
delle attività manuali di una volta, dal contadino al tornitore.https://www.margheritamarzario.it © 2023
Genitorialità: maternità e paternità, latte e miele, dolcezza e tenerezza. “Ogni fanciullo ha il diritto
di avere dei genitori o, in loro mancanza, di avere a sua disposizione persone o istituzioni che li
sostituiscano” (art. 8.11 Carta europea dei diritti del fanciullo): una delle poche disposizioni in cui
si afferma il “diritto ai genitori”, in cui si ribadisce la soggettività piena del bambino guardando le
cose dalla sua posizione e non da quella dei genitori. 

La genitorialità è una scelta e i figli non sono impegnativi ma sono un impegno. “Ogni fanciullo ha
un diritto innato alla vita” (art. 6 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Il
pediatra spagnolo Carlos Gonzalez sostiene: “Se volete portare vostro figlio in braccio, fatelo. Se
volete smettere di lavorare per mesi o per anni per crescerlo, o rifiutare una magnifica opportunità
di lavoro all’estero per stare con la vostra famiglia, fatelo. Ma solo se volete. Se non volete, non
fatelo. Dire: ”Ho sacrificato la mia carriera per stare con mio figlio” è assurdo tanto quanto: “Ho
sacrificato la relazione con mio figlio per la carriera”. Non sono sacrifici, sono scelte. Vivere è
scegliere, le giornate hanno solo ventiquattro ore e chi fa una cosa non può farne un’altra
contemporaneamente. Scegliete quello che in ogni momento vi sembra opportuno, e basta. Chi fa
quel che vuole non sta rinunciando, sta riuscendo, non si sacrifica, ma trionfa” (in “Un dono per
tutta la vita”, 2018).

“Coraggio” etimologicamente deriva da “cuore”: entrambe le parole rappresentano (o dovrebbero
rappresentare) la famiglia perché la genitorialità è atto di coraggio e di cuore. 
Consapevolezza, altra parola chiave: addirittura si organizzano percorsi di consapevolezza perché
mancano la maturità, l’adultità, la responsabilità. Quello che dovrebbe essere la genitorialità,
percorso di consapevolezza sull’essere genitori e sull’avere figli. 
“ Tutti i bambini adottati portano con sé l’esperienza dell’abbandono e della perdita. Sono bambini
che si sentono privi di valore affettivo e che pensano di non meritare l’amore dei genitori. Ma sono
anche bambini con grandi risorse, aperti alle esperienze positive che l’adozione può regalare loro
e desiderosi di credere in un mondo migliore di quello che hanno conosciuto” (cit.). La genitorialità
adottiva parte da una maggiore consapevolezza che i figli non sono “propri” e che hanno un loro
bagaglio di vita che può presentare ogni sorta di imprevisto. La genitorialità adottiva dovrebbe “fare
scuola” ad ogni forma di genitorialità. 

La genitorialità adottiva insegna e conferma che la genitorialità non è geneticità (trasmettere il
proprio patrimonio genetico) ma oralità, ovvero trasmettere, diffondere, comunicare amore, vita.