Abstract: Cosa significa essere genitori? L’articolo tenta di dare una risposta attraverso diversi piani di lettura.
Fare i genitori è sempre stato difficile ma nella società ipercomplessa e iperconnessa lo è ancora di più, per cui molti decidono di non farlo non diventando genitori o desistono dal farlo diventando genitori arrendevoli, assenti o altro.
“Lasciare il mondo un poco migliore, / Che sia un bambino sano, / Un giardino fiorito / Una situazione di degrado riscattata. / Sapere che almeno una vita ha avuto un respiro più facile / Perché c’eri tu. / Questo è avere successo” (lo scrittore Ralph Waldo Emerson): così dovrebbe essere la genitorialità.
È nella natura dei genitori fare errori ma c’è qualcuno che ne commette qualcuno in più e anche grossolanamente, soprattutto quando non si mette in ascolto (e non sulla difensiva) di chi glielo fa notare e dei figli stessi (e non dei loro capricci e dei loro “voglio” o “non mi piace”). Uno degli articoli più significativi della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia è l’art. 5 in cui si legge “responsabilità, diritti e doveri dei genitori” e al tempo stesso “famiglia allargata” e “comunità”, per cui per arginare gli errori e sentirsi più sostenuti nella genitorialità bisognerebbe fare “rete familiare” di cui si parla.
I genitori, più che essere apprensivi nei confronti dei figli, dovrebbero apprendere dai figli, perché i figli richiedono pazienza, entusiasmo, fiducia, concisione e altri atteggiamenti e strumenti che, quindi, si imparano solo nell’esercitare la genitorialità con i figli che si hanno di fronte e non quelli idealizzati o desiderati. Essere genitori è guidare i figli ma anche farsi guidare da loro (come si ricava anche leggendo tra le righe la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, specialmente l’art. 18).
I genitori non possono essere e non devono aspirare a essere perfetti ma genitori per, con e di quel figlio, di quei figli. La genitorialità non è perfezione da manuale, ma una relazione fatta di situazioni, reazioni ed emozioni, in base al momento, di momento in momento.
Il sociologo Donati Pierpaolo scrive: “Da tempo si stanno diffondendo varie modalità di avere un figlio, che prescindono dalla relazione fra due genitori naturali, mediante tecniche di laboratorio che combinano i gameti maschili e femminili ricevuti da varie persone. Ci si chiede allora: in queste condizioni, chi o che cosa genera un figlio? Chi è “genitore”? Lo è chi dona il materiale biologico, o lo sono i tecnici del laboratorio, o chi si assume il compito di prendere con sé e allevare il nascituro? La risposta deve essere data dal punto di vista del figlio, e non solo dal lato della genitorialità. L’identità personale del figlio giace nella relazione fra coloro che lo hanno generato.
Chi genera non sono gli individui come tali; chi genera è la loro relazione. Questo è il punto che bisogna comprendere: ciò che qualifica come umana la generazione di un figlio è la struttura uomo-donna e la qualità intersoggettiva di quella relazione. Infatti, per portare i cambiamenti indotti nella procreazione dalla tecnologia ad essere virtuosi e non patologici, occorre prendere atto che le relazioni sono una cosa seria, cioè sono il fondamento della nostra realtà umana, in tutte le sue dimensioni, culturali, psicologiche, sociali, giuridiche. Il rischio è allora quello che le moderne tecnologie finiscano per frantumare, sbriciolare le relazioni, rimuovendo così anche quello che definisce l’“enigma della relazione tra generante e generato”, da cui in definitiva dipende la nostra personale identità” (in “Generare un figlio. Che cosa rende umana la generatività?”, 2017). In particolare dagli artt. 7, 8 e 9 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si ricava come i “propri genitori”, la “propria identità” e le relazioni familiari siano correlate e fondamentali per il bambino.
Lo psicoanalista Massimo Recalcati ha affermato: “I genitori adottivi coincidono con l’essenza della genitorialità” (nella lectio magistralis del 15 febbraio 2020 a Matera). Tutti i genitori dovrebbero comportarsi come quelli adottivi: seguire un lungo iter di preparazione, accogliere figli con la consapevolezza che non appartengono a loro, essere pronti a tutto (per esempio, nel caso dell’adozione, la ricerca dei genitori biologici da parte del figlio) e altro ancora.
Secondo i sociologi Chiara Giaccardi e Mauro Magatti “[...] l’essere umano non domina la natura, ma dal suo grembo è stato generato: da questa consapevolezza dobbiamo partire per provare dunque a costruire un mondo e delle relazioni differenti, che ci permettano di trovare un equilibrio continuamente da ripensare. Un equilibrio che tenga conto di confini permeabili che, pur salvaguardando la nostra identità, permettano quello scambio continuo che è alla base della vita”. In egual modo la genitorialità e ogni relazione educativa sono una continua ricerca e costruzione di equilibrio tra “confini permeabili”.
Tra gli stili genitoriali inadeguati sono quelli dei cosiddetti “genitori performanti” e “genitori ipercritici”. In entrambi i casi i genitori sono preoccupati dei risultati, tendono a intervenire troppo e a vedere le situazioni dal loro punto di vista e non considerano i figli nella loro soggettività. Nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia si parla di “allevare” (= sollevare) il bambino e che il bambino non deve essere sottoposto a “interferenze arbitrarie” (art. 16 Convenzione) e questi parametri dovrebbero guidare i genitori e dare loro la misura dell’esercizio della genitorialità.
La formatrice Silvia Iaccarino spiega: “Quando un adulto è a disposizione, nel contesto attuale, rischia di diventare un genitore elicottero o spazzaneve, una figura che accorre in salvataggio alla minima difficoltà oppure spiana la vita dei figli e delle figlie per renderla liscia e senza ostacoli. Appena il bambino, la bambina, ha una fatica o un inciampo, il genitore corre in suo aiuto
e a volte si sostituisce. Insomma, un’eccessiva oblatività dell’adulto verso il bambino/a. Questo atteggiamento non aiuta, perché scioglie i confini personali dell’adulto e non permette al bambino/a di sperimentarsi nell’attraversare le fatiche e le contrarietà della vita. Un genitore presente all’eccesso nella vita dei bambini e delle bambine è una persona che trasmette un modello di adulto sacrificale, che è sempre pronto a mettersi in secondo piano per i figli e le figlie. Un modello non favorevole: il bambino, la bambina potrebbe pensare che ogni adulto sia al suo servizio, pronto a risolvere qualsiasi problematica, da un lato e, dall’altro, potrebbe non incorporare l’idea di poter a sua volta stabilire dei confini personali”. In passato gli adulti si facevano aiutare dai bambini nel fare i servizi domestici e li educavano a eseguirli, oggi invece gli adulti sono così servizievoli nei confronti dei bambini da sembrare meri esecutori dei loro ordini e capricci (cosiddetti “bambini tiranni” o “con la sindrome dell’imperatore”) e così imparano negativamente a “servirsi delle persone”. Un paradigma per una “sana” genitorialità è l’art. 27 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, innanzitutto la locuzione “nei limiti delle loro possibilità e delle loro disponibilità finanziarie” (i genitori non devono annientarsi per fare o dare l’inverosimile).
Il sociologo Francesco Belletti commenta: “Per affrontare la tragedia dell’inverno demografico quindi non bastano i sostegni economici: serve una vera rivoluzione culturale, che trasformi il tema puramente demografico della natalità nel valore sottostante, la generatività. La demografia interessa ai governi e alle aziende, la generatività è il movimento di libertà di una coppia di giovani che scommettono sulla bellezza della vita. Solo l’azione di questa libertà renderà il nostro popolo più capace di accogliere nuove vite. È la generatività, inoltre, che sa superare la pura genitorialità biologica, diventando accoglienza anche a chi una famiglia non ce l’ha, offrendo una famiglia attraverso adozione, affido e ogni altra forma di accoglienza familiare. Perché ogni nuova vita è una risorsa per l’intera società, e ha diritto all’accoglienza non solo dei propri genitori naturali, ma da parte dell’intero villaggio umano” (in un articolo del 26-01-2022). L’inverno demografico che caratterizza i cosiddetti paesi occidentali è determinato non tanto dalla preoccupazione dell’esaurimento delle risorse quanto dalla mancanza della generatività dell’amore. I bambini hanno semplicemente “un diritto innato alla vita” (art. 6 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) e di “crescere in un ambiente familiare, in un’atmosfera di felicità, amore e comprensione” per il pieno ed armonioso sviluppo della loro personalità (dal Preambolo della Convenzione).
Massimo Recalcati aggiunge: “Nell’Antico Testamento donne come Sara, Rachele erano sterili ma, poi, sono diventate madri in tarda età per un miracolo, per la generatività della parola”. I figli, i bambini sono il miracolo della vita, della sua forza autopoietica.